statistiche accessi

x

Le app gratuite sanno tutto di te, o quasi

3' di lettura Senigallia 19/12/2019 - Le app rendono la vita più semplice. C’è un’app per il meteo, una per la musica, un’altra per i libri. Non per nulla gli app store offrono milioni di applicazioni, per soddisfare ogni esigenza o quasi. La maggior parte di queste sono gratuite: calcolatrice, contapassi, calendario, email, giochi, mappe, ristoranti. Chi sviluppa e offre un’app gratuita non lo fa per beneficienza.

Il guadagno viene dalla pubblicità. Pubblicità che vale di più e può generare più ricavi per chi la ospita se è su misura di chi naviga. Come un negozio che compra un banner pubblicitario su Vivere Senigallia vuole comunicare a chi vive o frequenta Senigallia, ogni inserzionista pubblicitario è disponibile a spendere di più, per far apparire il suo messaggio davanti agli occhi di un navigatore che corrisponde il più possibile a un suo potenziale cliente. Le app gratuite raccolgono informazioni personali su chi le utilizza, allo scopo di vendere queste informazioni a chi compra e vende pubblicità. Niente di male in tutto questo, se non il fatto che chi usa queste app spesso non sa e non si rende conto che molti dati sensibili vengono raccolti senza un consenso informato.

Una inchiesta del new York Times ha appena rivelato come società private sconosciute al grande pubblico collezionino miliardi di dati su chi naviga online. Sì, miliardi. Dati che comprendono, tra gli altri, la posizione geografica dell’utente che ha installato un'app, che registra e archivia la posizione di chi l’ha scaricata. Lo stesso Facebook ha recentemente rivelato al Senato americano che il luogo in cui si trova l’utente viene dedotto anche quando l’utente ha disattivato la condivisione della sua posizione. Come? Dai tag geografici inseriti nelle foto pubblicate e attraverso altri strumenti. Lo scopo è sempre lo stesso: vendere pubblicità più preziosa, a inserzionisti che vogliono comunicare con persone che vivono o frequentano luoghi o città ben precise. In altri casi la posizione serve a capire se la pubblicità vista online ha generato una visita nel punto vendita, o viceversa. Ti appare un messaggio della concessionaria d’auto che hai appena visitato, per ricordarti che l’offerta in corso sta per scadere.

Se nel caso di alcuni servizi, come la navigazione e le mappe, condividere la propria posizione ha una utilità ben precisa, non altrettanto utile è far sapere all’app del meteo dove ci troviamo esattamente, in ogni momento. Lo stesso può valere per l’app che conta i passi, quella che ci ricorda gli orari del cinema o quella che traccia le fasi del ciclo mestruale. Il rischio, in tutti questi casi, è che i dati collezionati in forma anonima, finiscano poi, legittimamente o meno, in mani che possono aggiungere altri dati collezionati da altre fonti e dare un nome, cognome, indirizzo email, numero di telefono e volto agli stessi dati. Tutto perché abbiamo scaricato un’app gratuita, che abbiamo aperto un paio di volte e magari non abbiamo più usato.

Per proteggere i propri dati sarebbe bene fare attenzione alle app che si scaricano, cercando di avvalersi soltanto di servizi riconosciuti e affidabili. In ogni caso iOS (iPhone) e Android permettono di disattivare la condivisione della propria posizione per ogni singola app, o temporaneamente con tutte. In questo secondo caso ne beneficia anche la batteria, che dura molto di più. Il New York Times ha una semplice guida visuale per entrambe le piattaforme, compreso come disattivare da Android il tracciamento del proprio profilo a scopo pubblicitario.

Photo by Rob Hampson on Unsplash






Questo è un articolo pubblicato il 19-12-2019 alle 23:59 sul giornale del 21 dicembre 2019 - 781 letture

In questo articolo si parla di cultura, luca conti, articolo, app gratuite

Licenza Creative Commons L'indirizzo breve è https://vivere.me/bei9

Leggi gli altri articoli della rubrica Equilibrio Digitale





logoEV
logoEV
logoEV