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KOA: ''Nessuno ha insegnato agli israeliani ad accettare l'altro"

3' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
Mercoledì sera, presso il KOA Mezza Canaja, alcuni studenti dell'Università di Medicina di Bologna hanno raccontato la loro esperienza come infermieri nei territori occupati palestinesi.
L'incontro ha rappresentato un momento di riflessione anche grazie all'intervento di Roberto Frey, ex corrispondente dal Medioriente per "Il Manifesto" durante la prima Intifada.

di Silvia Piermattei
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Nicola Mancini ha aperto il confronto fra i relatori e il pubblico premettendo alcune cose: "la Palestina è il punto nevralgico da cui parte ogni conflitto con il Medioriente, il terrorismo è uguale alla guerra, limita la libertà umana, solo che è fatta da "organismi non statali", occorre una chiara condanna dell'operato del Governo Italiano.
Le due Simone rapite in Iraq non centrano nulla con il Governo Italiano
".

Alessandro e Giorgio, due studenti di Medicina di Bologna, hanno raggiunto la Palestina grazie ad un progetto finanziato dall'Università ed hanno lavorato nella regione della West Bank Palestinese nel mese di agosto, a fianco dell'Organizzazione Non Governativa Palestinese Medical Relife.
Durante la loro esperienza hanno visitato diverse città ed hanno imparato sulla propria pelle quello che significa vivere nei territori occupati... l'aspetto più inquietante è senza dubbio il muro di 350 km realizzato dalle autorità israeliane.
"Si tratta di un opera imponente e invalicabile... a seconda delle zone appare sotto diverse forme, dai blocchi di cemento con torrette di avvistamento, ai posti di blocco, al filo spinato, alle reti.
Ogni strada palestinese che collega ad Israele è stata distrutta o bloccata.
La polizia israeliana agisce per rendere impossibile la vita alla popolazione palestinese e questo è evidente.
Noi europei ai posti di blocco rimanevamo fermi per un ora, ma un palestinese può rimanere sotto il sole anche per tre ore di seguito e rischia di essere perquisito, spogliato, arrestato.
In alcuni quartieri dove i palestinesi vivono al piano terra e gli israeliani ai piani superiori, passeggiando in strada non è possibile vedere la luce del sole a causa della barriera di rifiuti bloccata a mezzaria da una rete metallica.
Lo stato palestinese si è ridotto ad un territorio a macchia di leopardo, ogni risorsa è comunque gestita dagli israeliani come ad esempio l'impianto idrico che è a completa disposizione dei coloni, ma non dei palestinesi.
Non ci sono strade o vie di comunicazione che permettano di raggiungere le diverse aree della Palestina
".

Il giornalista Roberto Frey ha affermato che la prima e la seconda Intifada sono molto diverse.
La seconda ondata di incidenti e di terrorismo si è scatenata dopo la provocazione di Sharon sulla spianata delle moschee, ma anche per reazione alla classe politica corrotta palestinese che aveva accettato una "risoluzione di pace al ribasso".

Una ragazza israeliana nel pubblico è intervenuta nella discussione ed ha affemato quancosa di veramente importante: "Gli israeliani non sono stati educati ad accettare l'altro; i coloni sono arrivati in Israele dopo le barbarie subite in Europa e sono molto vittimisti per questa ragione... hanno lottato per crearsi una nuova vita, ma hanno vissuto fino ad oggi senza sapere nemmeno chi fossero i palestinesi.
A scuola si insegna l'arabo, ma non si parla mai della cultura e della civiltà palestinese.
L'odio fra le due comunità è tale oggi che non è possibile vivere insieme!
Occorre educare i ragazzini alla tolleranza e all'accettazione dell'altro
".


Gli studenti di medicina Alessandro Sergi (di Senigallia) e Giorgio (di Venezia) e il giornalista Roberto Frey





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 17 settembre 2004 - 5259 letture

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