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la storia ritrovata: 11 Settembre 1973

8' di lettura Senigallia 30/11/-0001 -
L'undici settembre è una brutta data per l'umanità e lo era anche prima del 2001.
Inizia oggi una nuova rubrica di Vivere Senigallia dedicata al nostro passato.
Ma cosa è successo l'11 Settembre del 1973?


Da questa settimana i nostri lettori troveranno una nuova rubrica, dal titolo “La storia ritrovata”. Perché una rubrica di storia? Perché siamo convinti di offrire in questo modo un’occasione in più per comprendere i tempi in cui viviamo. Un'esigenza intellettuale oramai divenuta quotidiana, obbligata dalle mille domande poste alla nostra coscienza da fatti come quelli di Beslan, o dell’Iraq, o della nostra amata Sicilia.
Alla violenza cieca degli uomini bisogna opporre l’esercizio della ragione, che ricostruisce il contesto, storico e non solo; che incanala le forze istintive verso scopi non immediati, ma fondamentali per la crescita della civiltà. Vogliamo inoltre sfatare quel luogo comune, costruito ahimè sui banchi di scuola, per il quale la storia è una collezione interminabile di date, guerre, personaggi, insomma roba da museo. La storia è la trama, in parte consapevole in parte no, che ci lega alle generazioni passate, altro che erudizione.
La storia, lo diceva una bellissima canzone di De Gregari, siamo noi, padri e figli. La storia è plurale, e ha tantissime pagine sconosciute o poco frequentate. Che fanno ridere e commuovere, indignare e combattere. Sono pagine scritte dalla nostra vita.

Fabrizio Chiappetti
[email protected]

Cile, 5 settembre 1970: il cartello delle sinistre di Unidad Popular ottiene la maggioranza relativa alle elezioni presidenziali per sole 39.175 preferenze. Il socialista Salvador Allende, nuovo Presidente della Repubblica, ha come obiettivo quello di rivoluzionare il Paese, senza prescindere dalla legalità costituzionale.
Dieci giorni dopo il voto cileno, alla Casa Bianca il presidente Richard Nixon ha un colloquio con il direttore della CIA, Richard Helms. “Una possibilità su dieci – avrebbe detto il Presidente secondo gli appunti di Helms – ma liberiamo il Cile da quel figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; nessun contatto con l’ambasciata; dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno per i nostri agenti migliori; una strategia: strozzare l’economia; tempo 48 ore per pianificare l’azione”.
L’ostracismo degli Stati Uniti fu certamente una delle cause che posero fine alla tragica esperienza cilena dopo mille giorni di governo, ma il sogno rivoluzionario di Allende nasceva già debole in una nazione politicamente, economicamente e socialmente divisa. Unidad Popular (il partito di Allende) non rappresentava la maggioranza nel paese e non era compatta al suo interno. Inoltre il Presidente per governare avrebbe dovuto a scendere a patti con il Parlamento (controllato dai democristiani e dalla destra), cui spettava il potere di ricusare il Capo delle Stato e dei ministri. Allende avviò subito un programma economico che mirava alla nazionalizzazione delle miniere di rame, ma questa strategia non portò i frutti sperati e i debiti del Cile aumentarono al punto che metà dell’export servì per pagare gli interessi. L’agognata indipendenza economica non si realizzò mai, visto che il 60% dell’import era legato agli Stati Uniti, che non esitarono a contrastare, fin da subito, Allende. “Deve sapere – scrisse l’ambasciatore USA Korry al presidente uscente Frei – che non lasceremo arrivare in Cile una sola vite o un solo dado, sotto Allende. Se Allende assumerà il potere faremo tutto il possibile per condannare il Cile e i cileni alle più dure privazioni e miserie”.
Per la prima volta quattro ministeri chiave (Finanze, Lavori Pubblici, Case e Lavoro) vennero affidati a semplici operai. Nel primo anno di governo Allende ordinò la distribuzione di mezzo litro di latte al giorno ai bambini cileni (operazione che costò cento milioni di dollari), rese gratuita l’istruzione primaria e ridusse le tasse per quella secondaria. Nel dicembre 1971, dopo l’avvio del processo di nazionalizzazione, il numero di banche e industrie controllate dallo Stato raddoppiò, mentre altre imprese furono requisite in nome della legge che prevedeva l’intervento pubblico se non venivano assicurati servizi essenziali per la comunità. Nelle campagne vennero espopriate 1300 proprietà fondiarie. Grazie a questa politica nell’aprile ’71 Unidad Popular ottenne la maggioranza assoluta nelle elezioni comunali. I cileni non si erano mai sentiti così ricchi: il prodotto interno lordo crebbe dell’8,6% mentre la disoccupazione si dimezzò nel giro di pochi mesi e l’inflazione scese dal 34 al 22 per cento. Aumentarono i consumi e, di riflesso, le importazioni. Nell’ottobre del 1971 però, nonostante la forte crescita dell’impiego statale, gli investimenti erano già calati. La caduta del prezzo del rame, a causa della congiuntura internazionale (e della pressione degli USA) fece precipitare il valore delle esportazioni proprio quando crebbero le importazioni dei beni essenziali. Gli Stati Uniti fecero passare i crediti dai 300 milioni di dollari all’anno a meno di trenta durante la gestione Allende. Non c’erano i soldi neanche per i pezzi di ricambio: nel 1972 un autobus su tre e un taxi su cinque erano fuori uso. Il quadro economico peggiorò inoltre per l’esodo di massa della borghesia. La riforma doveva riguardare solo le grandi imprese ma, sotto la spinta dei lavoratori, vennero assorbite dalla sfera pubblica circa duecento aziende medie e piccole, creando una sorta di panico nell’imprenditoria privata, con vantaggi minimi per le casse pubbliche: a fine ’72 il Governo possedeva 318 imprese di tutti i tipi, che nessuno, estromessi i vecchi imprenditori, sapeva far funzionare. Nell’agosto del 1972 i commercianti al dettaglio dichiararono lo sciopero generale, poi toccò ai camionisti. La scusa fu “il sospetto dell’intenzione” di creare un apparato pubblico di trasporti. I commercianti abbassarono le serrande, i sostenitori del governo assaltarono i negozi chiusi. Medici, avvocati, scuole e università scioperarono; gli imprenditori programmarono la serrata. Il Cile era un paese allo stremo, come volevano gli americani, che ottennero il risultato con poca spesa, grazie al cambio nero e alla svalutazione: fu la CIA a finanziare i 10mila camionisti in sciopero, elargendo loro oltre un milione di dollari. Nei primi due anni di Allende gli scioperi aumentarono del 170 per cento. Di fronte alla crisi ci sarebbe voluta una reazione decisa del Governo, invece esplosero le divisioni all’interno della coalizione. Nemmeno le elezioni offrirono una via d’uscita: il voto per il Parlamento del marzo 1973 diede infatti alle sinistre la stessa percentuale del ’69. Non fu abbastanza per ridare solidità al governo, ma sufficiente per impedire che la destra chiedesse la destituzione di Allende. La campagna elettorale del ’73 si svolse sotto l’attenta supervisione delle forze armate. Dall’aprile ’72 un militare siedeva nella poltrona di Ministro dell’Interno. Lo decise Allende di fronte ai continui conflitti della coalizione. A maggio però la situazione precipitò. Allende venne costretto a dichiarare lo stato d’emergenza per arginare gli scontri tra le opposte fazioni; in seguito al rimpasto di primavera l’autorità del Presidente ormai era ridotta al minimo. La Democrazia Cristiana scelse un nuovo segretario, Patricio Alwin, dell’ala destra intransigente. Anche la Chiesa, contraria alla riforma scolastica, si schierò contro il presidente socialista. Dopo aver formato il nuovo governo, Allende assisté, il 22 agosto, alle dimissioni di alcuni alti gradi della Marina e dell’Aviazione: essi stavano preparando il colpo di stato, e per riuscire nel loro intento cooptarono il generale Pinochet. Quando l’11 settembre 1973 il golpe era in atto Allende provò a mettersi in contatto con lo stesso Pinochet, per cercare un aiuto, ma non ottenne nessuna risposta. In un breve lasso di tempo Salvador Allende, dopo aver rifiutato di arrendersi e aver difeso fino alla fine il Palazzo Presidenziale, si tolse la vita. “Restare qui – disse -, a la Moneda, ha un significato politico molto preciso. Sarebbe terribile se, dopo tutto quel che è successo il Presidente del Cile finisse per scappare come un topo a morire su una strada o a farsi trattare da codardo”.
La giunta militare che destituì Allende, dopo aver sciolto il Parlamento fece inprigionare nello stadio di Santiago sia gli esponenti della sinistra (sindacalisti, socialisti, comunisti e sinistra rivoluzionaria), sia rappresentanti studenteschi, insegnanti, semplici operai, che subirono torture e furono uccisi a migliaia. Subito dopo in tutto il Cile si scatenò un’ondata di repressioni che causò ritorsioni, violenze ed esecuzioni di massa, e che determinarono l’esilio di oltre un milione di persone.
Questa tragedia, che si consumò più di trent’anni fa, ha lasciato un segno indelebile e desta ancora oggi una profonda impressione sulle coscienze del mondo intero.
di Bel-Ami





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 13 settembre 2004 - 3960 letture

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