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fuori dalle mura: Leggi Gasparri: istruzioni per l'uso

4' di lettura Senigallia 30/11/-0001 - Le polemiche, i dubbi e la difesa relative alla legge di riordino del sistema delle comunicazioni in Italia.

Il 7 gennaio, dopo la pausa per le festività natalizie, è stato avviato il procedimento di riesame della legge Gasparri, che questa volta dovrà tener conto dei rilievi che il Presidente della Repubblica ha fatto sul testo della normativa. Tutto ciò affinché la legge torni per l’ennesima volta alle Camere il 26 gennaio.
E’ questo l’ultimo episodio di una vicenda che sembra non aver fine, sulla quale molti politici, imprenditori ed esponenti della cultura italiana sono voluti intervenire, anche perché in ballo non c’è soltanto il riassetto del sistema delle comunicazioni italiano, ma c’è anche e soprattutto il diritto costituzionalmente garantito della libertà di informazione.
Ma quali sono state le tappe fondamentali che hanno portato a questo?
Innanzi tutto c’è da premettere che il sistema televisivo italiano così com’è strutturato va modificato, e di questo se ne era accorta anche la Corte Costituzionale che in più di una sua pronuncia aveva esposto l’esigenza di una riforma del settore radiotelevisivo. Del resto ad una legge di riassetto del sistema radiotelevisivo il centrodestra pensa fin dall’inizio della legislatura; a ciò si aggiunga il messaggio di Ciampi alle Camere sul pluralismo dell’informazione, è il 23 luglio del 2002 ed inizia la corsa per presentare alle Camere il disegno di legge di riassetto per il sistema radiotelevisivo. Corsa che viene frenata bruscamente da alcuni ostacoli, il primo dei quali si chiama Giovanni Tesauro, il Presidente dell’Antitrust, una delle Autority che ha più potere in materia, che attacca il disegno di legge perché “non fornisce risposte adeguate”. Nonostante ciò il Governo va avanti, tradito anche dai franchi tiratori che fanno passare un emendamento che di fatto introduce il divieto, per i privati, di possedere più di due reti televisive. E’ un colpo pesante, forse foriero di una crisi all’interno della maggioranza, ma dopo un mese il Ministro Gasparri riesce a ripristinare il testo iniziale.
Entro la fine dell’anno il Parlamento avrebbe inoltre dovuto porre fine al regime transitorio disposto dalla riforma Maccanico: il che avrebbe previsto il passaggio di Rete 4 sul satellite e niente pubblicità per Rai 3. Ma prontamente, e non senza il consueto strascico di polemiche, arriva il cosiddetto “Decreto salva Rete 4” approvato il 23 dicembre del 2003: la rete in questione può continuare a trasmettere fino a che l’Autority per le Comunicazioni non terminerà l’esame della complessiva offerta televisiva dei programmi terrestri (quota di popolazione raggiunta dalle nuove tecnologie, decoder in vendita a prezzi ragionevoli...), il che dovrebbe avvenire entro aprile del 2004. Per quanto riguarda Rai Tre, può continuare a servirsi dei proventi ricavati dalla pubblicità. Riguardo al Decreto in questione, si dichiara dura la critica da parte dell’opposizione che annuncia battaglia in Parlamento. Contro la legge si schiera anche la Federazione Italiana della Stampa che invita il Governo a confrontarsi con coloro che hanno manifestato nel Paese contro una legge illiberale e anticostituzionale. D’altro canto Forza Italia difende il decreto d’urgenza poiché serve ad evitare una pesante ricaduta su centinaia di lavoratori e sui bilanci del Servizio Pubblico.
Il rinvio alle Camere della legge Gasparri senza firma del Presidente della Repubblica e la ripresa del riesame del testo sono cronaca di questi giorni. Quello che forse risalta agli occhi del cittadino attento è che si è parlato spesso di “incostituzionalità” della legge e di minacce al diritto d’informazione. Non è in questa sede che si vogliono fornire risposte e tanto meno critiche ma, scorrendo il testo della legge qualche perplessità sorge.
Ad esempio riguardo al ruolo del Governo che si riappropria di funzioni che avrebbero dovuto essere poste in capo al Parlamento. Al Governo spetta, infatti individuare i Principi fondamentali in materia nonché individuare i criteri relativi alla delega per l’emanazione del codice di regolamentazione. In questo modo il Governo si riapproprierebbe di una grossa fetta di controllo del settore radiotelevisivo, escludendo il Parlamento da alcune scelte in merito alle libertà fondamentali.
di Claudia Costantini





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 14 gennaio 2004 - 1818 letture

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