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Non più i cadaveri dei soldati

4' di lettura Senigallia 30/11/-0001 - A 5 anni dalla morte Jesi ricorda De Andrè con un concerto al "Pergolesi".


A cinque anni dalla scomparsa di uno dei più grandi poeti e cantautori della nostra storia, si è tenuto, sabato sera nel Teatro “Pergolesi” di Jesi, un concerto in onore di Fabrizio De Andrè. Morto l’11 gennaio 1999 viene in questi giorni ricordato in tutta Italia, dalla sua Genova, a Firenze, a Venezia…
Il concerto, gratuito, dal titolo “Non più i cadaveri dei soldati”, si inserisce inoltre a pieno titolo nel progetto “Jesi Città della Pace” promosso dal Comune della città e dalla Consulta per la Pace, che pochi giorni fa hanno chiamato alla partecipazione Alex Zanotelli ad un incontro con la popolazione.
Due gruppi locali e il trio di Domenica Vernassa, cantante non a caso ligure considerata tra le migliori interpreti di De Andrè, si sono succeduti su quel suggestivo palco per ridare voce a quelle emozioni che il genio genovese seppe descrivere ed evocare.
Un artista che ha senza dubbio molte cose da dire ogni volta che si ascolta una delle sue canzoni, dal pacifismo, alla pietà (ricordiamo che perdonò chi lo tenne sotto sequestro insieme a sua moglie in Sardegna), al perdono come strumento di rivoluzione, al rifiuto della pena di morte, alla solidarietà con i carcerati e gli emarginati. Cantautore considerato poeta, ha saputo rivoluzionare la musica italiana e stabilire un forte ponte di collegamento con l’America di Dylan e della Beat Generation, il jazz , Leonard Cohen, la Francia degli chansonner e molti altri artisti, poeti e generi musicali anche del passato. Ma, forse, la sua carica più imponente risiede nell’analisi profonda dell’uomo e dei suoi sentimenti nonché del suo rapporto col circostante, temi eterni che da sempre hanno popolato le pagine delle poesie più interessanti di tutti i tempi e che De Andrè seppe e sa con linguaggio chiaro, sublime e diretto far arrivare a tutti.
Questa è la sua rivoluzione: “…dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior.” ha scritto. Ha proposto temi aristocratici e alti a tutte le persone, soprattutto partendo dagli umili, dagli emarginati, dai superflui della società. I piccoli risiedono nelle sue poesie o canzoni e tramite questi De Andrè mostra ingiustizie, dolori, ma anche riscatti dell’uomo e del suo essere parte del mondo. E’, la sua, una poesia che continuamente tende all’analisi di ciò che ognuno di noi si trova a subire, dalle guerre dettate dai poteri ai pregiudizi della società… una poesia che si fa forte di un messaggio: scegliere e non farsi scegliere.
Un cantautore lontano dagli stereotipi che la società detta agli artisti, non a caso il volto di De Andrè viene immediatamente associato a tutti quei volti gettati in mezzo alla strada, delusi dalla vita e dalla società, prostitute, immigrati; persone ingannate dalla stessa patria “…hanno rimandato a casa le loro spoglie nelle bandiere / legate strette perché sembrassero intere…”; o persone che il buon vivere ignora perché non i rispondono ai canoni di ricchezza, successo e dignità lavorativa ecco allora i pescatori dipinti come divini a raccogliere le reti, o i contadini sardi raccontati nella loro più grande peculiarità: il dialetto.
Tra i delusi e i contenti della serata mi sento di difendere coloro che si sono esibiti. Mettersi di fronte ad un pubblico che aspetta un nuovo concerto di De Andrè non deve essere stato facile, in più misurarsi con un artista tanto alto credo abbia richiesto un grande sforzo soprattutto psicologico. Insomma, cantare De Andrè di fronte a gente che sa a memoria le sue canzoni non è semplice. Ma grazie a chi si è esibito, grazie perché reinterpretandole ha saputo far sue, a modo suo, le canzoni di un grande artista, e noi che ascoltavamo possiamo soltanto ringraziare. De Andrè apprezzava le libere interpretazioni delle sue canzoni, mi piace dunque pensare che sabato sera si sia divertito un po’ anche lui.
Credo che ricordare uno dei più grandi e completi artisti di tutti i tempi sia stata un’ottima alternativa alla musica dettata dal commercio che ci fanno sentire tutti i sabati sera!
di Giulia Torbidoni





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 12 gennaio 2004 - 1826 letture

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